Approfondito riassunto del volume di riferimento per superare l'esame di immunologia cellulare e molecolare. Vi vengono riportate le caratteristiche generali del sistema immunitario in tutte le sue componenti; illustrato il funzionamento degli anticorpi, degli antigeni, dei linfociti. Il sistema linfatico viene dettagliatamente illusttrato per spiegarne struttura e modalità di attivazione in risposta agli agenti patogeni.
Immunologia cellulare e molecolare
di Domenico Azarnia Tehran
Approfondito riassunto del volume di riferimento per superare l'esame di
immunologia cellulare e molecolare. Vi vengono riportate le caratteristiche
generali del sistema immunitario in tutte le sue componenti; illustrato il
funzionamento degli anticorpi, degli antigeni, dei linfociti. Il sistema linfatico
viene dettagliatamente illusttrato per spiegarne struttura e modalità di
attivazione in risposta agli agenti patogeni.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Scienze Biologiche
Esame: Immunologia
Docente: Enza Piccoella
Titolo del libro: Immunologia cellulare e molecolare
Autore del libro: Abbas A.K., Lichtman A.H., Pillai S.
Editore: Elsevier SRL
Anno pubblicazione: 20081. Caratteristiche generali del sistema immunitario
Il termine immunità deriva dal latino “immunitas” che si riferisce alla protezione dalla perseguibilità legale
di cui godevano i senatori romani in carica. Tutt'oggi il termine immunità si significa protezione dalle
malattie infettive. Le cellule e le molecole responsabili dell'immunità costituiscono il sistema immunitario e
la loro risposta coordinata verso sostanze estranee è chiamata risposta immunitaria.
La funzione fisiologica del sistema immunitario è la difesa da agenti infettivi. Tuttavia anche sostanze
estranee di natura non infettiva possono suscitare una risposta immunitaria. Inoltre, i meccanismi che
normalmente proteggono dall'infezione, in alcune circostanze, possono causare danni tessutali e malattie.
Quindi una definizione più completa di immunità potrebbe essere: la risposta a componenti microbiche e a
macromolecole quali proteine e polisaccaridi, indipendentemente dalle conseguenze fisiologiche o
patologiche di tale risposta.
L'evoluzione dell'immunologia in disciplina sperimentale è dipesa dalla nostra capacità di manipolare le
funzioni del sistema immunitario in condizioni controllate. Il primo chiaro esempio di tale manipolazione, fu
il successo di Edward Jenner nella vaccinazione contro il vaiolo. Jenner, un medico inglese, notò che le
mungitrici guarite dal vaiolo bovino non contraevano mai la ben più grave forma di vaiolo umano. Sulla
base di questa osservazione, egli iniettò materiale di una pustola di vaiolo bovino nel braccio di un ragazzo
di 8 anni. Quando in seguito, questo ragazzo fu intenzionalmente inoculato con vaiolo, la malattia non si
sviluppò. Il fondamentale trattato di Jenner sulla vaccinazione fu pubblicato nel 1798. Esso portò alla diffusa
accettazione di questo metodo per indurre immunità verso le malattie infettive e la vaccinazione rimane la
procedura più efficace per prevenire le infezioni.
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Immunologia cellulare e molecolare 2. Immunità innata e adattativa
La difesa contro i microbi è mediata dalle reazioni precoci dell'immunità innata e da altre più tardive
dell'immunità adattativa. L'immunità innata detta anche naturale o nativa, consiste in meccanismi di difesa
cellulari e biochimici preesistenti all'infezione e pronti a reagire con rapidità. I principali componenti
dell'immunità innata sono:
a)le barriere fisiologiche e chimiche, come gli epiteli e le sostanze antimicrobiche prodotte dalle superfici
epiteliali;
b)le cellule fagocitiche (neutrofili e macrofagi) e le cellule natural killer (NK);
c)le proteine del sangue, tra cui i fattori del sistema del complemento e altri mediatori della flogosi
(processo infiammatorio che deriva dall'attivazione dell'immunità specifica ad opera di un antigene);
d)numerose proteine chiamate citochine che regolano e coordinano molte delle attività delle cellule
dell'immunità innata.
Al fianco dell'immunità innata, che è la prima difesa contro i microbi, esistono altre risposte immunitarie
che aumentano in capacità difensiva ad ogni successiva esposizione a un particolare agente infettivo. Poiché
questa forma di immunità si sviluppa in risposta ad un'infezione e di adatta
all'infezione stessa, viene definita immunità adattativa. Le caratteristiche che definiscono quest'ultima
immunità sono una spiccata specificità per molecole diverse e la capacità di “ricordare” e di rispondere più
vigorosamente a esposizioni ripetute a uno stesso microbo.
Per la sua straordinaria capacità di distinguere anche tra microbi e molecole strettamente correlate,
l'immunità adattativa viene anche detta immunità specifica. I principali componente dell'immunità adattativa
sono cellule chiamate linfociti e i loro prodotti di secrezione, come gli anticorpi. Le sostanze estranee che
inducono una risposta immunitaria specifica o che di tali risposte sono il bersaglio vengono dette antigeni.
Filogeneticamente l'immunità innata è il più antico sistema di difesa; in seguito si è sviluppata l'immunità
adattativa. Quest'ultima, composta da linfociti e anticorpi, è comparsa per la prima volta nei vertebrati dotati
di apparato mandibolare ed è diventata sempre più specializzata nel corso dell'evoluzione.
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Immunologia cellulare e molecolare 3. Tipi di risposte immunitarie adattative
Esistono due diversi tipi di risposta immunitaria adattativa, denominati immunità umorale e immunità
cellulare. Esse sono mediate da componenti diversi del sistema immunitario e hanno il compito di eliminare
tipi diversi di microbi.
L'immunità umorale è mediata da molecole presenti nel sangue e nelle secrezioni mucosali, chiamate
anticorpi, che sono prodotte da cellule denominate linfociti B. Gli anticorpi riconoscono gli antigeni
microbici neutralizzandone l'infettività e identificandoli per la successiva eliminazione da parte di vari
meccanismi effettori. L'immunità umorale è il principale meccanismo di difesa contro i microbi
extracellulari e le loro tossine poiché gli anticorpi secreti possono legarsi sia ai microbi sia alle tossine
agevolandone l'eliminazione. Inoltre, gli anticorpi possono attivare meccanismi effettori diversi. Alcuni
promuovono l'ingestione dei microrganismi dalle cellule dell'ospite (fagocitosi), altri si legano e scatenano il
rilascio dei mediatori della flogosi da parte di alcuni leucociti come i mastociti.
L'immunità cellulare, detta anche immunità cellulo-mediata, è mediata dai linfociti T. I microbi
intracellulari, come i virus e alcuni batteri, sopravvivono e proliferano all'interno dei fagociti e di altri tipi
cellulari e diventano inaccessibili agli anticorpi circostanti. L'immunità cellulare allora elimina i serbatoi di
infezione attraverso l'eliminazione dei microbi residenti nei fagociti o nelle cellule infettate.
La forma di immunità indotta dall'esposizione ad un antigene estraneo è detta immunità attiva perché
l'individuo immunizzato ha un ruolo attivo nella risposta all'antigene. Individui e linfociti che non hanno
incontrato un particolare antigene sono detti näive. Soggetti che hanno risposto a un antigene microbico e
sono protetti dalla successiva esposizione allo stesso microbo sono detti immuni. L'immunità può essere
inoltre conferita ad un individuo mediante il trasferimento di siero o di linfociti da un soggetto vaccinato. Il
ricevente, dunque, diventa immune a quel particolare antigene senza mai essere stato esposto o avere
risposto ad esso. Pertanto, questa forma di immunità viene definita immunità passiva.
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Immunologia cellulare e molecolare 4. Caratteristiche salienti delle risposte immunitarie adattative
Tutte le risposte immunitarie ad un antigene estraneo, sia umorali sia cellulari, possiedono alcune
caratteristiche fondamentali, che riflettono anche le proprietà dei linfociti:
Specificità e diversificazione. Le risposte immunitarie sono specifiche verso porzioni distinte di una singola
proteina complessa, di un polisaccaride o di altre macromolecole. Le porzioni dell'antigene, che sono
specificamente riconosciute dai linfociti, sono chiamate determinanti o epitopi. Inoltre, i linfociti di un
individuo possiedono la capacità di riconoscere un enorme numero di antigeni definito repertorio
linfocitario. Si calcola che il sistema immunitario sia in grado di discriminare tra 10*7 e 10*9 distinte
determinanti antigeniche. Questa proprietà è detta diversificazione ed è il risultato della variabilità dei siti di
legame con l'antigene dei recettori linfocitari.
Memoria. L'esposizione del sistema immunitario ad un antigene estraneo aumenta la sua futura capacità a
rispondere a quell'antigene. Le risposte alla seconda e alle successive esposizioni allo stesso antigene,
chiamate risposte secondarie, sono in genere più rapide, più potenti e spesso qualitativamente diverse dalla
risposta primaria.
Espansione clonale. In seguito all'incontro con l'antigene, i linfociti vanno incontro a una forte
proliferazione. Il termine espansione clonale si riferisce all'aumento del numero dei linfociti che esprimono
un recettore identico per il medesimo antigene e quindi appartengono allo stesso clone.
Specializzazione. Il sistema immunitario risponde in modo differenziato ai diversi tipi di microbi, sfruttando
al meglio l'efficienza dei meccanismi di difesa. Ciò significa che risposte umorali o cellulari sono attivate da
classi diverse di microbi oppure dallo stesso microbo in stadi diversi dell'infezione (extracellulare e
intracellulare) e ciascun tipo di risposta protegge l'ospite da quella particolare classe di microbi.
Risoluzione e omeostasi. Tutte le risposte immunitarie normali si esauriscono nel tempo dopo la
stimolazione antigenica, riportando il sistema immunitario al suo stato di riposo ( anche grazie all'apoptosi
dei linfociti), una condizione definita omeostasi.
Non reattività verso il self. Una delle proprietà più importanti del sistema immunitario di ogni individuo
sano è la sua capacità di riconoscere, rispondere ed eliminare antigeni estranei all'organismo (nonself) senza
reagire pericolosamente alle sostante antigeniche proprie dell'individuo (self). Questa tolleranza agli antigeni
self viene preservata grazie a molti meccanismi come l'eliminazione dei linfociti che esprimono recettori
specifici per alcuni antigeni self. Alterazioni nell'induzione o nel mantenimento della tolleranza al self
determinano risposte immunitarie contro antigeni self, che spesso sfociano in patologie anche molto gravi
dette autoimmuni.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Immunologia cellulare e molecolare 5. Componenti cellulari del sistema immunitario adattativo
Le cellule principali del sistema immunitario sono: i linfociti, le cellule accessorie e le cellule effettrici. I
linfociti sono le cellule che riconoscono e rispondono in modo specifico agli antigeni estranei e quindi
rappresentano i mediatori dell'immunità umorale e cellulare. Esistono sottopopolazioni distinte di linfociti
che differiscono per il modo di riconoscimento dell'antigene e nelle loro funzioni effettrici. I linfociti B sono
le sole cellule in grado di produrre anticorpi; essi riconoscono gli antigeni extracellulari (compresi quelli
presenti sulla membrana cellulare) e si differenziano in cellule secernenti anticorpi, svolgendo pertanto il
ruolo di mediatori dell'immunità umorale. I linfociti T, le cellule dell'immunità cellulare, riconoscono gli
antigeni dei microbi intracellulari e agiscono uccidendo i microbi o le cellule infettate ma, non producono
anticorpi. I linfociti T hanno una specificità ristretta nei confronti degli antigeni; riconoscono infatti solo
antigeni peptidici associati ad alcune proteine, codificate dai geni del complesso maggiore di
istocompatibilità (MHC) e che sono espresse sulla superficie delle cellule dell'ospite.
Come risultato le cellule T riconoscono e rispondono agli antigeni associati alla superfici cellulari, ma non a
quelli solubili. I linfociti T sono costituiti da popolazioni funzionalmente distinte: le meglio definite cono
quella dei linfociti T helper e quella dei linfociti citolitici, o citotossici (CTL). In risposta alla stimolazione
antigenica, i linfociti T helper secernano proteine denominate citochine, che stimolano la proliferazione e la
differenziazione dei linfociti T stessi così come di altre cellule, quali i linfociti B, i macrofagi e altri
leucociti. I CTL uccidono cellule che producono antigeni estranei, come le cellule infettate da virus o da altri
microbi intracellulari. Alcuni linfociti T, chiamati linfociti T regolatori, svolgono principalmente il ruolo di
inibire le risposte immunitarie. Una terza classe di linfociti le cellule natural killer (NK) sono coinvolte nella
risposta immunitaria innata contro i virus e altri microbi intracellulari. L'inizio e lo sviluppo delle risposte
immunitarie adattative richiedono che l'antigene sia catturato e presentato ai linfociti specifici. Le cellule
che svolgono questo ruolo sono chiamate cellule accessorie o cellule che presentano l'antigene (APC). Le
APC più specializzate in questa funzione sono le cellule dendritiche, che catturano antigeni microbici
presenti nell'ambiente esterno. Gli antigeni vengono quindi portati agli organi linfoidi e presentati ai linfociti
T naïve per dare inizio alla risposta umorale e cellulare. L'attivazione dei linfociti in seguito al
riconoscimento dell'antigene innesca molteplici meccanismi volti all'eliminazione dell'antigene. Spesso,
l'eliminazione dell'antigene richiede la partecipazione di cellule effettrici che mediano l'effetto finale della
risposta immunitaria, vale a dire liberarsi dal microbo. I linfociti T attivati, i fagociti mononucleati e altri
leucociti fungono da cellule effettrici delle diverse risposte immunitarie.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Immunologia cellulare e molecolare 6. Introduzione all'attività antimicrobica: risposte dell'immunità
innata
Il sistema immunitario innato ha il compito di impedire l'ingresso e di eliminare, o almeno limitare la
crescita dei microrganismi che stanno colonizzando un tessuto. Se questi microrganismi riescono a superare
la barriera epiteliale, incontrano i macrofagi localizzati nel tessuto sub epiteliale. I macrofagi (e altri
fagociti) esprimono recettori di membrana che riconoscono e promuovono la fagocitosi dei microbi, mentre
altri recettori, che riconoscono altre molecole microbiche, inviano segnali di attivazione alla cellula. I
macrofagi attivati svolgono numerose funzioni che hanno il fine ultimo di eliminare il microbo ingerito.
Queste cellule, infatti, producono enzimi lisosomiali che uccidono i microrganismi fagocitati. I macrofagi
inoltre secernano citochine che promuovono il reclutamento di altri leucociti dal sangue ai siti di
infiammazione, come i neutrofili. Le citochine quindi, si può dire svolgono il ruolo di “messaggeri” nel
sistema immunitario. L'accumulo locale di leucociti e il loro stato di attivazione sono elementi della risposta
di difesa dell'ospite che prende il nome di infiammazione. La risposta innata ad alcuni patogeni, in
particolare i virus, si basa sulla produzione di citochine antivirali chiamate interferoni e sull'attivazione delle
cellule NK che uccidono le cellule infettate da virus. I microbi in grado di resistere a questi meccanismi di
difesa entrano in circolo, dove verranno riconosciuti da proteine dell'immunità innata. Tra queste le più
importanti fanno parte del sistema del complemento. Le proteine del complemento possono essere
direttamente attivate dal contatto con la superficie microbica (la via alternativa di attivazione), che
determina la formazione di frammenti del complemento. Queste proteine svolgono molteplici ruoli: attivare
la risposta infiammatoria, rivestire la superficie dei microbi al fine di favorire la fagocitosi e generare pori
sulla superficie dei microbi portandoli alla lisi. La cascata del complemento può essere attivata dagli
anticorpi ( via classica di attivazione). L'immunità innata è particolarmente efficace, tuttavia, una
caratteristica saliente dei microrganismi patogeni è quella di essersi evoluti per resistere ed eludere le
risposte dell'immunità innata e potersi quindi replicare nelle cellule e nei tessuti dell'ospite. Quindi è
necessario l'intervento dell'immunità specifica, dotata di meccanismi antimicrobici più potenti e
specializzati.
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Immunologia cellulare e molecolare 7. Risposte dell'immunità adattativa
L'immunità adattativa utilizza tre principali strategie:
1.La secrezione di anticorpi che legano i microrganismi extracellulari e ne impediscono l'interazione con le
cellule dell'ospite. Gli anticorpi promuovono anche la loro ingestione e uccisione da parte dei fagociti.
2.Le cellule fagocitiche ingeriscono e uccidono i microbi con l'aiuto dei linfociti T helper che ne aumentano
il potenziale microbicida.
3.I CTL uccidono le cellule infettate, in cui i microrganismi non sono accessibili all'azione degli anticorpi.
Una caratteristica della risposta adattativa è quella di produrre un enorme numero di linfociti durante la
maturazione e in seguito alla stimolazione da parte di un antigene e di selezionare il tipo cellulare più
appropriato a combattere i singoli patogeni con il fine di ottimizzare le risposte.
CATTURA E PRESENTAZIONE DELL'ANTIGENE
Le cellule dendritiche sono le APC che rappresentano i peptidi microbici ai linfociti T CD4+ e CD8+ e
danno inizio alle risposte dell'immunità adattativa. Le cellule dendritiche localizzate nell'epitelio e nei tessuti
connettivi catturano i microrganismi e digeriscono le loro proteine in peptidi, che vengono poi espressi sulla
membrana in associazione alle molecole MHC, ossia proteine specializzate per la presentazione degli
antigeni. Le cellule dendritiche trasportano gli antigeni ai linfonodi e si posizionano nelle stesse aree dove i
linfociti T ricircolano in continuazione, aumentando le probabilità che un linfocita T entri in contatto con
l'antigene per cui è specifico. Le cellule dendritiche presentano anche antigeni che raggiungono altri organi
linfoidi come la milza e sono riconosciuti in loco nella loro forma nativa da linfociti B specifici.
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Immunologia cellulare e molecolare 8. Immunità cellulare: attivazione dei linfociti T ed eliminazione dei
microrganismi intracellulari
L'esposizione ad un antigene determina la selezione e l'attivazione di uno specifico clone linfocitario; questo
promuove la proliferazione e la differenziazione dei linfociti. La reattività e le funzioni dei linfociti T e B
differiscono in molti aspetti e richiedono di essere esaminate distintamente. L'attivazione dei linfociti T
helper CD4+ determina la loro proliferazione, grazie ad un fattore di crescita (l'interleuchina-2, IL-2) e
differenziazione in cellule effettrici dotate della capacità di produrre citochine. Queste cellule effettrici
lasciano gli organi linfoidi in cui si sono differenziate e migrano ai siti di infezione e di infiammazione.
Alcuni dei linfociti T helper CD4+ producono l'interferone-, una citochina in grado di promuovere la
produzione di sostanze microbicide nei macrofagi. Per tento, i linfociti T helper riconoscono gli antigeni
microbici presenti sui macrofagi e gli aiutano a uccidere i patogeni fagocitati. Altri linfociti T effettori
CD4+ producono citochine che stimolano la produzione di una speciale classe di anticorpi chiamata
immunoglobulina E (IgE), in grado di attivare una sottopopolazione di leucociti chiamati eosinofili,
responsabile dell'uccisione di parassiti di grandi dimensioni che non potrebbero essere fagocitati. Inoltre i
linfociti T helper CD4+ stimolano anche la risposta dei linfociti B. I linfociti helper CD8+ attivati, invece,
proliferano e si differenziano in CTL che uccidono le cellule che ospitano microrganismi intracellulari.
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Immunologia cellulare e molecolare 9. Immunità umorale: attivazione dei linfociti b ed eliminazione dei
microrganismi extracellulari
Parte dei linfociti B attivati (vedi prima) si differenzia in plasmacellule che producono anticorpi. Ogni
plasmacellula produce anticorpi dotati di un'unica specificità antigenica simile a quella degli anticorpi
presenti sulla superficie (recettori dei linfociti B) della cellula che inizialmente ha riconosciuto l'antigene. I
polisaccaridi e gli antigeni lipidici stimolano principalmente la produzione di IgM. Gli anticorpi proteici,
grazie all'azione dei linfociti T helper, stimolano la produzione di anticorpi di diverse classi: IgM, IgG, IgA,
IgE. La produzione di diverse classi anticorporali dotate di funzioni diverse, ma con la stessa specificità
antigenica, viene definita scambio di classe. I linfociti T helper stimolano anche la produzione di anticorpi
dotati di una migliore affinità per l'antigene. Questo processo, definito maturazione dell'affinità, migliora la
qualità della risposta umorale. L'immunità umorale combatte i microrganismi attraverso molteplici strategie.
Gli anticorpi legandosi ai microbi, prevengono l'infezione delle cellule dell'ospite, quindi “neutralizzano i
microbi. Quindi bloccano l'infezione prima che abbia luogo; Le IgG rivestono i microrganismi e li rendono
facile bersaglio per la fagocitosi poiché le cellule fagocitiche (neutrofili e macrofagi) esprimono recettori per
le code delle IgG. Le IgG e le IgM attivano la via classica del completamento, la quale a sua volta produce
componenti in grado di promuovere la fagocitosi e l'eliminazione dei microbi. Le IgA sono secrete dagli
epiteli delle mucose e neutralizzano i microbi presenti nel lume dei tratti respiratorio e gastrointestinale. Le
IgG sono attivamente trasportate attraverso la placenta e proteggono il nascituro fino a quando il suo sistema
immunitario raggiunge la maturità. La maggior parte degli anticorpi ha un emivita di 3 settimane. Tuttavia,
alcune plasmacellule migrano al midollo osseo e sopravvivono per anni continuando a produrre bassi livelli
di anticorpi. Gli anticorpi prodotti da queste cellule forniscono una protezione immediata nei confronti di
una successiva infezione da parte dello stesso microbo.
MEMORIA IMMUNOLOGICA
Una protezione ancora più efficace è fornita dalle cellule della memoria attivate dal microrganismo. Queste
cellule possono sopravvivere per anni dopo l'infezione e sono più efficaci dei linfociti naïve.
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Immunologia cellulare e molecolare 10. Definizione di immunità innata
L'immunità innata rappresenta la prima linea di difesa contro le infezioni. I meccanismi coinvolti nella
risposta immunitaria innata sono preesistenti all'incontro con i microbi e vengono da questi rapidamente
attivati prima dello sviluppo dell'immunità specifica. Quest'ultima, mediata dai linfociti T e B, si osserva nei
vertebrati e si integra all'immunità innata per migliorare i meccanismi di difesa. L'immunità innata assolve a
due importanti funzioni:
1.L'immunità innata è la prima risposta dell'ospite ai microbi in grado di prevenire, controllare o eliminare
l'infezione; la sua importanza nella difesa dell'ospite è testimoniata da alcuni studi che mostrano come,
inibendo o eliminando uno dei diversi fattori coinvolti nella risposta innata, si aumenti in modo marcato la
suscettibilità alle infezioni. Tuttavia molti microrganismi patogeni hanno sviluppato strategie per eludere
l'immunità innata. In questo tipo di infezione, quindi, quest'ultima può solo tenere sotto controllo l'antigene
patogeno fino al momento in cui si attiva l'immunità specifica che è in grado di eliminare i microbi essendo
più specifica e specializzata;
2.L'immunità innata stimola le risposte dell'immunità specifica e può influenzarne la natura per renderla
maggiormente efficace contro tipi diversi di microrganismi;
Alcuni componenti dell'immunità innata sono costantemente in funzione, addirittura prima dell'infezione;
questi comprendono barriere fisiche attive contro l'ingresso dei patogeni, quali le superfici epiteliali della
cute e l'epitelio che riveste il tratto gastrointestinale. Altri sono normalmente inattivi, ma pronti a rispondere
rapidamente alla presenza di microbi: è il caso dei fagociti e del sistema del complemento.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Immunologia cellulare e molecolare 11. Come l'immunità innata riconosce i patogeni
I componenti dell'immunità innata riconoscono strutture peculiari dei microrganismi patogeni che non sono
espresse dalle cellule self. Le sostanze microbiche che stimolano l'immunità innata sono chiamate profili
molecolari associati ai patogeni (Pathogen Associated Molecular Patterns, PAMP) e i recettori che legano
queste strutture conservate sono definiti recettori per il riconoscimento dei profili (Pattern Recognition
Receptors, PRR). Classi diverse di microbi (ad esempio virus, batteri gram-positivi o gram-negativi)
esprimono PAMP differenti. Queste strutture comprendono acidi nucleici esclusivi dei microrganismi, come
l'RNA a doppia elica presente in alcuni virus, o sequenze a DNA CpG non metilate riscontrate nei batteri,
ma anche lipidi e carboidrati complessi come il lipopolisaccaride dei gram-negativi o gli acidi teicoici nei
gram-positivi. Comunque l'immunità innata, come ben si può capire, riconosce tutte strutture che risultano
essere essenziali per la sopravvivenza dei microrganismi. Questa è una caratteristica importante in quanto
assicura che i bersagli dell'immunità innata non riescano a sfuggire al riconoscimento da parte dell'ospite.
Inoltre, i recettori dell'immunità innata che riconoscono i profili molecolari includono sia i recettori associati
alla cellula espressi sulla superficie sia proteine solubili in circolo. I recettori cellulari possono trasdurre alla
cellula segnali che attivano funzioni antimicrobiche e proinfiammatorie e possono facilitare la cattura dei
microbi da parte della cellula. Mentre i recettori solubili facilitano la rimozione dei microrganismi dal
sangue facilitandone la cattura o attivando meccanismi di uccisione che avvengono all'esterno della cellula.
Comunque i recettori dell'immunità innata sono codificati dalla linea germinativa, e, potendo questa
codificare una quantità di recettori molto inferiore a quella che si genera con il riarrangiamento genico,
l'immunità innata ha un repertorio limitato di specificità. Oltre a queste caratteristiche i recettori possono
riconoscere anche cellule “stressate” o danneggiate che esprimono particolari molecole non presenti nelle
cellule sane. Queste molecole vengono espresse anche da tutte le cellule che contengono microbi, anche se
quest'ultimi non risultano essere esposti sulla superficie della cellula.
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Immunologia cellulare e molecolare 12. Recettori cellulari che riconoscono i PAMP
Un'ampia gamma di cellule esprimono recettori in grado di riconoscere i PAMP. Queste cellule includono i
neutrofili, i macrofagi, le cellule dendritiche e le cellule endoteliali. In genere questi recettori sono presenti
sulla superficie di queste cellule, nelle vescicole endosomiali e nel citoplasma e sono correlati a vie di
trasduzione del segnale intracellulari che generano risposte diverse, tra cui la produzione di molecole che
favoriscono l'infiammazione e la difesa contro i microbi. I recettori per il riconoscimento di profili (PRR)
più conosciuti sono:
I recettori Toll-like (TLR) una famiglia di PRR espressa in molti tipi cellulari che svolgono ruoli essenziali
nelle risposte immunitarie innate contro i microbi. Nell'uomo vi sono undici diversi TLR, identificati con
una numerazione progressiva (da TLR1 a TLR11). Tutti questi recettori contengono nella loro regione
citoplasmatica un dominio conservato essenziale per la trasduzione del segnale. I principali tipo cellulari che
esprimono TLR sono i macrofagi, le cellule dendritiche, i neutrofili, le cellule epiteliali delle mucose e le
cellule endoteliali. Essi sono in grado di riconoscere anche microrganismi localizzati in compartimenti
cellulari in quanto vengono a trovarsi non solo sulla membrana superficiale ma anche su membrane
intracellulari e sono molto sensibili al lipopolisaccaride dei gram-negativi, ma non solo. Una volta
riconosciute queste componenti, la trasduzione del segnale inizia con la dimerizzazione dei TLR. Questa è
seguita dal reclutamento di proteine adattatrici, che contengono il dominio TIR, che a loro volta facilitano il
reclutamento e l'attivazione di diverse protein-chinasi, con conseguente attivazione di fattori trascrizionali
diversi e quindi espressione dei geni coinvolti nelle risposte innate;
Le lectine di tipo C, sono un'ampia famiglia di molecole che legano i carboidrati in modo calcio-dipendente
e sono espresse sulla membrana plasmatica di macrofagi, cellule dendritiche e altri leucociti. La lectina
meglio caratterizzata è il recettore per il mannosio, che partecipa alla fagocitosi dei microbi;
I recettori scavenger (spazzini) comprendono un gruppo di molecole strutturalmente e funzionalmente
diverse, con la caratteristica comune di mediare l'ingresso dei microbi all'interno dei fagociti;
I recettori del peptide Met-Leu-Phe formilato, riconoscono peptidi corti che contengono residui di N-
formilmetionina. Poiché tutte le proteine batteriche iniziano con una N-formilmetonina, essi permettono ai
fagociti di riconoscere e rispondere alle proteine batteriche;
Gli NLR, che riconoscono ligandi specifici all'interno della cellula e danno inizio a una cascata di segnali
che attivano le risposte infiammatorie;
Le proteine CARD, recettori citoplasmatici che legano RNA virale.
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Immunologia cellulare e molecolare 13. Componenti dell'immunità innata: barriere epiteliali
Le principali cellule effettrici dell'immunità innata sono i neutrofili, i fagociti mononucleati e le cellule
natural killer (NK). Queste cellule attaccano i microrganismi che hanno superato la barriera epiteliale e si
sono introdotti nei tessuti o nel torrente ematico. Ognuno di questi tipi cellulari svolge un ruolo distinto.
Alcune tra le cellule coinvolte, soprattutto i macrofagi e le cellula NK, liberano citochine che attivano i
fagociti e stimolano la reazione cellulare dell'immunità innata, chiamata infiammazione (o flogosi).
L'infiammazione consiste nel reclutamento di leucociti, nella fuoriuscita di varie proteine plasmatiche nella
sede d'infezione e nell'attivazione dei leucociti, con conseguente produzione di proteine coinvolte
nell'eliminazione dell'agente infettante. Come sappiamo, la superficie epiteliale se intatta, forma una barriera
fisica tra l'ambiente esterno e i tessuti dell'ospite. Le tre interfacce principali dell'ospite con l'ambiente sono
la cute, le superfici mucose dei tratti intestinali e le superfici dell'apparato respiratorio, tutte protette da un
rivestimento epiteliale continuo che previene l'ingresso dei microrganismi. Gli epiteli, nonché alcuni
leucociti, producono peptidi che hanno funzione antibiotica. Le defensine e le catelicidine sono due famiglie
di peptidi antimicrobici strutturalmente distinte. Le defensine sono piccoli peptidi cationici, prodotti dalle
cellule epiteliali delle mucose, dai leucociti, dalle cellule NK e dai linfociti T citotossici. Questi peptidi sono
tossici per i microbi, compresi funghi e batteri, e attivano le cellule coinvolte nelle risposte infiammatorie.
Le catelicidine, invece, sono espresse dai neutrofili e da vari epiteli di barriera, incluse la cute, le cellule
della mucosa gastrointestinale e le cellule della mucosa respiratoria. Queste molecole hanno molteplici
funzioni protettive contro le infezioni: sono tossiche per un'ampia gamma di microrganismi, attivano nei
leucociti e in altri tipi cellulari varie risposte microbicide e neutralizzano LPS, che è un componente tossico
della parete esterna dei batteri gram-negativi. Le barriere epiteliali e le cavità sierose contengono, inoltre,
alcuni tipi di linfociti, compresi i linfociti T intraepiteliali e i linfociti B del sottogruppo B-1,
rispettivamente, che riconoscono e rispondono ai microrganismi più comuni. Queste sottopopolazioni si
distinguono soprattutto per il tipo di recettori per l'antigene (TCR) che esprimono. Alcuni linfociti T
intraepiteliali esprimono la forma convenzionale del TCR, presente nella maggior parte delle cellule T dei
tessuti linfoidi. Altri esprimono una forma di recettore per l'antigene detta , che può riconoscere antigeni
peptidici e non peptidici. I linfociti intraepiteliali possono agire nella difesa dell'ospite secernendo citochine,
attivando i fagociti e uccidendo le cellule infettate. Invece, molte cellule B-1 producono anticorpi IgM
specifici per antigeni polisaccaridici e lipidici, come la fosforilcolina e l'LPS, che sono espressi da diversi
batteri. Una terza popolazione di cellule presenti in molti epiteli nelle cavità sierose è quella dei mastociti.
Questi rispondono direttamente ai microbi e a vari mediatori secernendo sostanze che stimolano la flogosi.
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Immunologia cellulare e molecolare 14. Componenti dell'immunità innata: fagociti e risposte
infiammatorie
Le cellule effettrici più numerose del sistema immunitario innato sono le cellule derivate dal midollo osseo
che circolano nel sangue e migrano nei tessuti. Sono cellule di derivazione della linea mieloide, compresi i
neutrofili, i fagociti mononucleati e le cellule dendritiche, e cellule di derivazione linfocitaria, comprese le
cellule NK e le cellule T e quelle B-B1, appena descritte. I fagociti, quali neutrofili e macrofagi, sono
cellule la cui funzione primaria è quella di identificare, ingerire ed eliminare i microrganismi. Le risposte
funzionali dei fagociti nella difesa dell'ospite avvengono in tappe successive: reclutamento attivo delle
cellule ai siti d'infezione, riconoscimento e ingestione dei microbi mediante il processo di fagocitosi e
uccisione dei microbi ingeriti. Inoltre, i fagociti producono citochine che svolgono ruoli importanti
nell'immunità innata e adattativa e nella riparazione dei tessuti. I neutrofili, in generale, detti anche leucociti
polimorfonucleati (per la presenza di un nucleo segmentato in 3-5 lobuli collegati), costituiscono la
popolazione cellulare più abbondante nell'ambito dei globuli bianchi circolanti e mediano le prime fasi della
risposta infiammatoria (non sono APC). I neutrofili vengono prodotti dal midollo osseo e arrivano al sito
d'infezione nell'arco di alcune ore dall'ingresso dei microrganismi. Se un neutrofilo circolante non viene
reclutato in una sede di flogosi entro questo tempo, va incontro ad apoptosi ed è in genere fagocitato dai
macrofagi residenti nel fegato o nella milza. Il sistema dei fagociti mononucleati è costituito, invece, da
cellule che hanno una linea di derivazione comune, la cui funzione primaria è la fagocitosi. Le cellule del
sistema dei fagociti mononucleati hanno origine nel midollo osseo, circolano nel sangue, e maturano e si
attivano in vari tessuti. La cellula che entra nel sangue dopo aver lasciato il midollo osseo non è
completamente differenziata ed è chiamata monocita. Essi hanno un nucleo ha forma di fagiolo e quando
entrano nei tessuti maturano e diventano macrofagi. Questi attivati sono in grado di fondersi, formando
cellule giganti multinucleate. I macrofagi in tessuti diversi hanno ricevuto nomi speciali che definiscono la
loro localizzazione specifica. Ad esempio nel sistema nervoso sono chiamati cellule della microglia, nei
polmoni macrofagi alveolari e nell'osso sono chiamati osteoclasti. Comunque, i macrofagi rispondono
rapidamente ai microrganismi quasi quanto i neutrofili, ma persistono per un tempo molto più lungo nella
sede di infiammazione.
Le cellule dendritiche (APC professioniste), invece, svolgono ruoli importanti nella risposta innata alle
infezioni e nel collegare l'immunità innata a quella adattativa. Sono caratterizzate da lunghe protrusioni della
membrana e capacità fagocitica e sono ampiamente distribuite nei tessuti linfoidi, nell'epitelio delle mucose
e nel parenchima degli organi. Esse esprimono recettori per il riconoscimento dei profili molecolari dei
patogeni (PAMP) e rispondono ai microbi secernendo citochine.
Il reclutamento di neutrofili e monociti dal sangue verso i siti di infezione è mediato dall'interazione con
molecole di adesione presenti sulle cellule endoteliali e da sostanze chemiotattiche prodotte in risposta
all'infezione. In assenza di microrganismi, questi leucociti circolano nel sangue e non migrano all'interno dei
tessuti. Ogni fase è controllata da tipo diversi di molecole.
Rotolamento (rolling) dei leucociti sull'endotelio mediato dalla L-selectina. In risposta ai microbi e alle
citochine (fattore di necrosi tumorale, TNF, e l'interleuchina 1, IL-1) prodotte dalle cellule che incontrano i
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Immunologia cellulare e molecolare microbi (ad esempio i macrofagi), le cellule endoteliali nei siti d'infezione aumentano rapidamente
l'espressione sulla loro superficie di proteine chiamate selectine. I tre tipi di selectine espressi dalle cellule
endoteliali sono: la P-selectina, la E-selectina e la L-selectina. Le interazione selectina-ligandi dei lei
leucociti sono a bassa affinità, caratterizzate da una rapida cinesi di dissociazione e facilmente dissipate
dalla forza della pressione arteriosa. Come risultato, i leucociti si distaccano e di legano ripetutamente,
iniziando a rotolare lungo la superficie dell'endotelio.
Aumento dell'affinità delle integrine mediato dalle chemochine. Le chemochine sono piccole citochine
polipeptidiche prodotte dai macrofagi, dalle cellule endoteliali e da molti altri tipi cellulari in risposta
dell'IL-1 e TNF. Le chemochine legano recettori specifici espressi sulla superficie dei leucociti che stanno
rotolando sull'endotelio. In questo modo le chemochine inducono un aumento dell'affinità delle integrine,
delle molecole di adesione espresse dai leucociti, provocando un aumento dell'avidità del legame dei
leucociti alla superficie endoteliale.
Adesione stabile dei leucociti all'endotelio mediata dalle integrine. Le citochine (TNF e l'IL-1)
parallelamente all'attivazione delle integrine inducono anche l'aumento dell'espressione dei loro ligandi sulla
superficie dell'endotelio. Il risultato finale di questi cambiamenti è l'adesione ferma e l'appaiamento dei
leucociti all'endotelio e la riorganizzazione del loro citoscheletro
Trasmigrazione dei leucociti attraverso l'endotelio. Le chemochine agiscono poi sui leucociti e li stimolano a
migrare attraverso gli spazi intraendoteliali verso un gradiente chimico di concentrazione (cioè verso la sede
di infezione).
Successivamente con il processo di fagocitosi, i neutrofili e i macrofagi ingeriscono i microrganismi
riconosciuti e li racchiudono all'interno di vescicole dove avviene la loro uccisione. La prima fase della
fagocitosi è il riconoscimento del microbo da parte del fagocita grazie alla presenza di recettori che
riconoscono specificamente i microbi. Alcuni di questi recettori sono PRR, come le lectine di tipo C e i
recettori scavenger, che contribuiscono esclusivamente alla fagocitosi di microrganismi che esprimono
particolari profili molecolari, come il mannosio. Un altro tipo di recettori fagocitici riconosce proteine
dell'ospite che ricoprono i microbi. Queste proteine sono dette opsonine e comprendono anticorpi, proteine
del complemento e lectine. Il processo di rivestimento di un microbo per renderlo fagocitabile è detto
opsonizzazione. Non appena un microbo o un suo frammento si lega a un recettore fagocitico, la regione
della membrana plasmatica in cui si trova il recettore comincia a riarrangiarsi per formare una protrusione a
forma di coppa che si espanderà sino a raggiungere le dimensioni necessarie a racchiudere la particella e a
richiudersi, formando una vescicola intracellulare. A questo punto, la vescicola, detta fagosoma, si distacca
dalla membrana plasmatica. Successivamente la fusione dei fagosomi con i lisosomi porta alla formazione
di fagolisosomi, in cui si concentra la maggior parte dei meccanismi microbicidi. I macrofagi e i neutrofili
attivati producono all'interno dei fagolisosomi molti enzimi proteolitici, come l'elastasi e la catepsina G, in
grado di uccidere i microbi. Oppure possono convertire l'ossigeno molecolare in specie reattive all'ossigeno
(ROS), agenti ossidanti ad alta reattività che distruggono i microbi. Altri macrofagi, invece, all'interno dei
fagolisosomi producono specie reattive dell'azoto, in particolare il monossido di azoto (NO) che può
combinarsi con il perossido o il superossido di idrogeno, generati dall'ossidasi fagocitica, per produrre il
perossinitrico, un radicale altamente reattivo in grado di uccidere i microbi.
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Immunologia cellulare e molecolare 15. Cellule natural killer - NK
Le cellule NK sono una sottopopolazione di cellule correlate ai linfociti che riconoscono e uccidono cellule
infettate e/o danneggiate secernendo citochine infiammatorie. Le cellule NK costituiscono il 5-20% delle
cellule mononucleate del sangue e della milza. Il termine natural killer deriva dal fatto che queste cellule, in
vitro, sono in grado di uccidere le cellule bersaglio senza necessità di attivazione. Le cellule NK non
appartengono né ai linfociti T né ai linfociti B e non esprimono recettori per l'antigene. L'interazione di una
cellula NK con una cellula bersaglio determina un azione che è il risultato dell'integrazione di segnali
generati dai recettori di tipo inibitorio e attivatori espressi contemporaneamente dalle cellule NK e possono
essere ingaggiati simultaneamente dai ligandi presenti sulla cellula bersaglio. I recettori attivatori presenti
sulle cellule NK riconoscono un gruppo eterogeneo di ligandi che sono espressi da cellule danneggiate o
infettate da virus o da altri microbi intracellulari oppure da cellule trasformate. Uno dei recettori attivatori
meglio studiati è chiamato NKG2D. Questo recettore lega una famiglia di proteine strutturalmente correlate
alle molecole MHC di classe I che si trovano sulla superficie delle cellule infettate da virus e sulle cellule
tumorali. L'ingaggio di questi recettori attivatori, sulla superficie delle cellule NK, attiva una cascata di
trasduzione del segnale che coinvolge l'attivazione di protein-chinasi e che provoca rapidamente la morte
della cellula bersaglio e la produzione di citochine. Invece, i recettori inibitori espressi sulla superficie delle
cellule NK legano molecole MHC di classe I, che sono normalmente espresse sulla maggior parte delle
cellule normali, non infettate. In questo modo vengono protette. Le funzioni effettrici delle cellule NK
consistono nell'uccisione delle cellule infettate e nell'attivazione dell'attività microbicida dei macrofagi.
Infatti le cellule NK, come i CTL, possiedono granuli che contengono proteine responsabili dell'uccisione
delle cellule bersaglio. Quando le cellule NK si attivano, l'esocitosi dei granuli porta al rilascio di queste
proteine in prossimità della cellula bersaglio. Una proteina dei granuli, chiamata perforina, facilita l'ingresso
di altre proteine, chiamate granzimi, nel citoplasma delle cellule bersaglio. I granzimi sono enzimi che
inducono l'apoptosi della cellula bersaglio. Comunque le cellule NK svolgono molteplici compiti nella
difesa contro i microbi intracellulari, uccidendo le cellule infettate dal virus prima che i CTL antigene-
specifici abbiano avuto il tempo di attivarsi, cioè nei primi giorni che seguono l'infezione.
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Immunologia cellulare e molecolare 16. Recettori circolanti che riconoscono i PAMP e proteine effettrici
Oltre alle molecola associate alle cellule, sono presenti nel plasma e nei liquidi extracellulari molte proteine
solubili in grado di riconoscere i PAMP e di agire come molecole effettrici dell'immunità innata. Altre
molecole solubili fungono da opsonine e promuovono la fagocitosi dei microbi da parte dei neutrofili e dei
macrofagi. I PRR solubili e le molecole effettrici a loro associate vengono definiti il braccio umorale
dell'immunità innata, analogamente al braccio umorale dell'immunità adattativa costituito dagli anticorpi. Le
componenti principali dell'immunità innata umorale sono il sistema del complemento (vedi cap.14), le
collettine (nelle quali fa parte la lectina che lega il mannosio, MBL, che è una proteina plasmatiche che
funziona da opsonina), le pentrassine (sono proteine plasmatiche che riconoscono e legano strutture
microbiche) e le ficoline (proteine plasmatiche che legano e opsonizzano tipi batterici diversi e attivano il
complemento).
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Immunologia cellulare e molecolare 17. Ruolo dell'immunità innata nell'attivazione dell'immunità
specifica
L'immunità innata fornisce segnali che agiscono insieme con l'antigene per stimolare la proliferazione e la
differenziazione dei linfociti T e B antigene-specifici. Quindi la risposta innata non solo costituisce una
prima linea di difesa, ma sa anche inizio alle risposte adattative, grazie soprattutto a delle molecole prodotte
durante la prima fase che funzionano come segnale per l'attivazione dei linfociti. Queste molecole
comprendono le proteine costimolatorie (per le cellule T), le citochine (per le cellule sia T che B) e i prodotti
di degradazione del complemento (per le cellule B). I secondi segnali generati durante le risposte
immunitarie innate antimicrobiche non solo amplificano l'entità della risposta adattativa che segue, ma ne
influenzano anche la natura.
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Immunologia cellulare e molecolare 18. Cellule e tessuti del sistema immunitario adattativo
Le cellule dell'immunità specifica sono normalmente presenti come cellule circolanti nel sangue e nella
linfa, come raggruppamenti anatomicamente definiti negli organi linfoidi e come singole cellule disseminate
praticamente in tutti i tessuti. Comunque la capacità del sistema immunitario di far fronte a molteplici
difficoltà e di svolgere le sue funzioni protettive dipende dalle numerose proprietà delle cellule e dei tessuti
che lo compongono:
Alcuni tessuti specializzati denominati organi linfoidi periferici (o secondari), esercitano la loro azione
concentrando gli antigeni che si sono introdotti attraverso le comuni vie di accesso (cute, tratto
gastrointestinale e respiratorio). La cattura dell'antigene e il suo trasporto all'interno degli organi linfoidi
rappresentano le prime tappe della risposta immunitaria adattativa;
I linfociti naïve (cioè linfociti che non hanno ancora incontrato l'antigene) migrano all'interno degli organi
linfoidi secondari, dove riconoscono gli antigeni e danno il via alla risposta immunitaria. Ed è proprio
l'anatomia di questi organi linfoidi a favorire le interazioni cellula-cellula;
I linfociti effettori e di memoria circolano nel sangue, si dirigono verso i siti periferici di ingresso
dell'antigene e vengono efficacemente trattenuti in questi siti. Ciò assicura che i meccanismi di protezione
possano agire in qualunque sede dell'organismo.
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Immunologia cellulare e molecolare 19. I linfociti: struttura e funzioni
Le cellule coinvolte nelle risposte immunitarie adattative sono i linfociti antigene-specifici, le cellule
specializzate a presentare l'antigene (Antigen-Presenting Cells, APC o cellule accessorie), che hanno la
funzione di presentare gli antigeni e di attivare i linfociti, e le cellule effettrici che hanno il compito di
eliminare gli antigeni.
I linfociti sono le uniche cellule dell'organismo in grado di discriminare e riconoscere in modo specifico
determinanti antigenici e sono pertanto responsabili delle due caratteristiche che definiscono le risposte
immunitarie adattative, la specificità e la memoria. Queste cellule si compongono di sottopopolazioni
distinte dotate di molecole e funzioni diverse, pur essendo molto simili dal punto di vista morfologico. I
linfociti B sono le cellule che producono gli anticorpi e hanno questo nome in quanto negli uccelli maturano
in un organo denominato borsa di Fabrizio. Nei mammiferi no esiste un equivalente anatomico di questo
organo e le fasi precoci della maturazione delle cellule B hanno luogo nel midollo osseo. I linfociti T,
invece, sono i mediatori dell'immunità cellulare e prendono il nome dal fatto che i loro precursori si origine
midollare, migrano e maturano nel timo; Comunque, sia i linfociti B che i linfociti T si compongono di
sottopopolazioni con caratteristiche fenotipiche e funzionali specifiche. Le sottopopolazioni principali dei
linfociti B sono le cellule B follicolari, le cellule B delle zone marginali e le cellule B-B1. Ognuna di queste
sottopopolazioni ha una collocazione anatomica specifica nei diversi organi linfoidi. Le sottopopolazioni dei
linfociti T, invece, sono: i linfociti T helper, i linfociti T citotossici (o citolitici, CTL), che esprimono un
recettore per l'antigene chiamato recettore , le cellule T CD4+, che hanno funzione regolatoria ed esprimono
anch'essi il recettore e le cellule T , che esprimono un tipo di recettore simile al recettore , pur essendo
strutturalmente diverso. Comunque i recettori per l'antigene dei linfociti T e B sono distribuiti clonalmente,
cioè esistono molti cloni di queste cellule con specificità antigeniche diverse. Infatti, tutte le cellule di un
clone esprimono lo stesso recettore per l'antigene con identica specificità, ma i recettori di ogni clone sono
diversi da quello di un altro. Nei linfociti, i geni che codificano i recettori per l'antigene si formano durante
il processo di maturazione della ricombinazione di segmenti di DNA. La ricombinazione somatica è un
processo casuale che permette la generazione, in ognuno dei diversi cloni linfocitari, di milioni di geni,
ognuno dotato di una diversa specificità per l'antigene. Esistono, inoltre, altre popolazioni di linfociti, non
facilmente classificabili come cellule T o B e sono: le cellule natural killer (NK), con funzioni simili ai CTL
ma con recettori per l'antigene diversi e non generati per ricombinazione somatica, e le cellule NKT, che
hanno caratteristiche comuni alle NK e a i linfociti T, infatti, esprimono recettori per l'antigene di tipo che
tuttavia non vengono generati dal processo di ricombinazione somatica. Per distinguere tutte queste
sottopopolazioni di linfociti, funzionalmente diverse, si prendono in considerazione le proteine presenti sulla
membrana cellulare che possono essere utilizzate dunque come marcatori fenotipici. Ad esempio, la maggior
parte dei linfociti T helper esprime una proteina di membrana chiamata CD4, mentre la maggior parte dei
CTL esprime una proteina diversa chiamata CD8, ed entrambe queste proteine svolgono un ruolo importante
nell'attivazione e nelle funzioni di queste cellule.
Comunque tutti i linfociti percorrono fasi di maturazione complessi durante le quali acquisiscono
l'espressione dei recettori per l'antigene e le caratteristiche funzionali e fenotipiche tipiche delle cellule
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Immunologia cellulare e molecolare mature. I linfociti B maturano nel midollo solo parzialmente, poi entrano in circolo e si localizzano negli
organi linfoidi secondari, dove completano la loro maturazione. I linfociti T, invece, maturano
completamente nel timo, entrano in circolo già maturi per poi localizzarsi negli organi linfoidi secondari.
Comunque sia le cellule T che B mature sono dette linfociti naïve (o vergini). Quest'ultimi vengono a
trovarsi all'interno degli organi linfoidi secondari, dove sono attivati dagli antigeni e vengono indotti a
proliferare, in un processo definito espansione clonale, e differenziarsi in cellule effettrici e di memoria;
successivamente alcune di queste cellule si localizzano nei tessuti periferici. I linfociti T e B naïve (e di
memoria) sono chiamati linfociti a riposo (resting), perché non proliferano e non svolgono funzioni
effettrici, e non sono distinguibili morfologicamente e sono spesso chiamati linfociti piccoli, poiché hanno
un diametro di 8-10 m, un grande nucleo e un sottile anello di citoplasma. Prima di venire stimolati, essi
sono in uno stato quiescente, o stadio G0 del ciclo cellulare. In questo stadio si pensa che i linfociti naïve
riconoscano diversi antigeni self in un modo sufficientemente debole da dare segnali di sopravvivenza, ma
non sufficientemente forte da far partire l'espansione clonale e la differenziazione in cellule effettrici. Però,
n seguito a stimolazione, passano allo stadio G1 del ciclo cellulare, per poi dividersi. I linfociti attivati sono
più grandi, 10-12 m di diametro, hanno un citoplasma più abbondante e vengono chiamati linfociti grandi o
linfoblasti. Quest'ultime cellule si differenziano a linfociti effettori, in grado di produrre molecole che
distruggono gli antigeni. I linfociti effettori includono le cellule T helper, che sono CD4+ (esprimono inoltre
il ligando CD40) e secernano citochine che attivano i macrofagi e i linfociti B, i CTL, che hanno nel
citoplasma granuli contenenti proteine che uccidono le cellule infettate da virus o cellule tumorali, e le
cellule B secernenti anticorpi, morfologicamente indicabili come plasmacellule che si sviluppano negli
organi linfoidi e successivamente migrano nel midollo osseo, dove possono sopravvivere per lunghi periodi
anche quando la risposta immunitaria si è esaurita e l'antigene è stato eliminato. Le cellule B della memoria,
invece, possono sopravvivere in uno stato di quiescenza o replicarsi molto lentamente per molti anni anche
dopo che l'antigene è stato eliminato, e presentano delle proteine che le distinguono dai linfociti T naïve ed
effettori come CD27 e le classi diverse di immunoglobuline IgG, IgE o IgA originate da scambio isotipico
(mentre le cellule B naïve esprimono solo IgM e IgD).
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Immunologia cellulare e molecolare 20. Cellule APC accessorie
Le cellule che presentano l'antigene (APC o cellule accessorie) sono cellule specializzate nella cattura dei
microbi e di altri antigeni e nella loro presentazione ai linfociti T in associazione a segnali che sono in grado
di stimolare la proliferazione e la differenziazione dei linfociti stessi. Le cellule dendritiche rappresentano il
più importante tipo di APC coinvolto nell'avvio della risposta delle cellule T. Esse si trovano in molti
organi, inclusi i tessuti epiteliali di barriera, dove svolgono la funzione di catturare gli antigeni e di
trasportarli agli organi linfoidi secondari. Infatti le cellule dendritiche con processi di fagocitosi sono in
grado di campionare e internalizzare i componenti extracellulari dei tessuti dove risiedono. Dopo
l'attivazione queste APC si mobilizzano e migrano ai tessuti linfoidi regionali per presentare ai linfociti T i
peptidi derivati dalle proteine internalizzate. Le cellule dendritiche attivate esprimono anche particolari
molecole, dette molecole costimolatorie, che svolgono un ruolo importante nella stimolazione dei linfociti T
in presenza dell'antigene. Anche i fagociti mononucleati (monociti e macrofagi) funzionano come APC nelle
risposte adattative mediate dai linfociti T. I macrofagi dopo aver ingerito i microbi, li presentano ai linfociti
T effettori. Le cellule T effettrici attivano a loro volta i macrofagi a uccidere i microbi. Questo processo
rappresenta il principale meccanismo dell'immunità cellulare per combattere i microbi intracellulari.
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Immunologia cellulare e molecolare 21. NuAnatomia e funzioni dei tessuti linfoidi
Allo scopo di ottimizzare le interazioni cellulari necessarie per le fasi di riconoscimento e di attivazione
delle risposte immunitarie specifiche, i linfociti e le APC sono localizzati e concentrati in tessuti ed organi
anatomicamente distinti. I tessuti linfoidi vengono classificati in linfoidi primari (o generativi), dove i
linfociti acquisiscono la capacità di esprimere i recettori per l'antigene e raggiungono la maturità fenotipica e
funzionale, e in organi linfoidi secondari (o periferici), in cui hanno inizio e si sviluppano le risposte
linfocitarie agli antigeni. Gli organi linfoidi primari dei mammiferi sono costituiti dal midollo osseo, da cui
hanno origine tutti i linfociti, dal timo, dove i linfociti T maturano e raggiungono lo stato di competenza
funzionale. I tessuti linfoidi secondari comprendono, invece, i linfonodi, la milza. Il sistema immunitario
cutaneo e il sistema immunitario associato alle mucose.
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Immunologia cellulare e molecolare 22. Tessuti linfoidi: midollo osseo
Il midollo osseo è la sede di produzione di tutte le cellule che circolano nel sangue dell'adulto, compresi i
linfociti immaturi, e rappresenta la sede di maturazione dei linfociti B. Durante lo sviluppo fetale, la
produzione di tutte le cellule ematiche, processo chiamato emopoiesi, avviene inizialmente nelle isole
ematiche del sacco vitellino e successivamente nel fegato e nella milza. Questa funzione poi viene
gradualmente assunta dal midollo osseo e in particolare dal midollo delle ossa piatte, cosicché nella pubertà
l'emopoiesi si realizza principalmente nello sterno, nelle vertebre e nelle costole. Il midollo rosso che si
trova all'interno di queste ossa contiene adipociti, fibroblasti e precursori delle cellule ematiche. Questi
precursori successivamente maturano e migrano all'interno del torrente circolatorio. Comunque tutte le
cellule ematiche hanno origine da una cellula staminale ematopoietica comune destinata a differenziarsi
lungo le diverse linee (cioè, eritroide, megacariocitica, granulocitica, monocitica e linfocitaria). La
proliferazione e la maturazione di questi precursori midollari sono, tuttavia, stimolate dall'azione di
citochine, molte delle quali sono chiamate fattori stimolanti la crescita delle colonie. Oltre alle cellule
staminali dotate della capacità di autorinnovarsi, il midollo osseo contiene numerose plasmacellule che si
sono generate nei tessuti linfoidi secondari in seguito alla stimolazione dei linfociti B e sono
successivamente migrate nel midollo, dove possono sopravvivere e continuare a proliferare anticorpi per
molti anni. Alcuni linfociti T di memoria a lunga sopravvivenza migrano e risiedono anch'essi nel midollo
osseo.
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Immunologia cellulare e molecolare 23. Tessuti linfoidi: timo
Il timo è la sede dove avviene la maturazione dei linfociti T. Il timo è un organo bilobato ed ogni lobo è, a
sua volta, suddiviso da setti in molteplici lobuli ognuno formato da una regione corticale esterna e una
midollare interna. La regione corticale contiene un denso agglomerato di linfociti T, mentre la regione
midollare è meno densamente popolata. Disseminate in tutto il timo si trovano anche cellule di tipo
epiteliale, macrofagi e cellule dendritiche. Comunque i linfociti presenti nel timo, detti anche timociti, sono
linfociti T a vari stadi maturativi. In generale, le cellule destinate a maturare lungo la linea differenziativa
dei linfociti T entrano nel timo attraverso i vasi sanguigni della regione corticale. Qui inizia la loro
maturazione che prosegue durante la loro migrazione verso la regione midollare, dove sono principalmente
presenti cellule T mature. Solo i linfociti T maturi escono dal timo ed entrano nel sangue per poi raggiungere
i tessuti linfoidi secondari.
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Immunologia cellulare e molecolare 24. Tessuti linfoidi: linfonodi e sistema linfatico
Gli antigeni vengono trasportati ai linfonodi soprattutto attraverso i vasi linfatici. La cute e gli epiteli
contengono numerosi capillari linfatici che assorbono e drenano i fluidi degli spazi interstiziali (i fluidi sono
costituiti da plasma filtrato dai tessuti). Una volta assorbito, il fluido interstiziale, che a questo punto viene
chiamato linfa, scorre nei capillari linfatici fino a raggiungere i vasi linfatici di raccolta, che diventano
sempre più larghi. Questi vasi confluiscono nei vasi linfatici afferenti che portano la linfa ai linfonodi.
Quindi i vasi linfatici che portano la linfa ai linfonodi sono detti afferenti, mentre quelli che raccolgono la
linfa che fuoriesce vengono detti efferenti. Tutto questo sistema linfatico svolge la funzione di raccogliere
gli antigeni nel loro sito d'ingresso nell'organismo e portarli ai linfonodi. Infatti, le cellule dendritiche che
hanno captato l'antigene nei tessuti periferici, vanno a circolare nella linfa e si localizzano nella zona
paracorticale, dove possono presentare gli antigeni alle cellule T naïve e dare inizio alla risposta immunitaria
adattativa. Quindi come possiamo ben capire, le risposte adattative nei confronti di antigeni che penetrano
attraverso gli epiteli o che si trovano nei tessuti iniziano nei linfonodi. Questi sono piccoli organi nodulari
situati lungo i vasi linfatici di tutto il corpo. Il linfonodo è costituito da una regione corticale più esterna e da
una midollare più interna. La prima è organizzata in cordoni intorno ai vasi linfatici che contengono
linfociti, cellule dendritiche e fagociti mononucleati. Inoltre in questi cordoni, i linfociti e le APC si trovano
spesso e si muovono gli uni vicini alle altre. Più in profondità vi è la regione midollare che è costituita da
cordoni separati a formare quasi un labirinto nel quale troviamo macrofagi e plasmacellule. Quindi nelle
diverse regioni del linfonodo sono segregate popolazioni diverse di linfociti e questo è dovuto
all'espressione selettiva di diverse e numerose citochine. La segregazione anatomica delle cellule T e B
assicura che ogni popolazione linfocitaria sia in stretto contatto con le appropriate cellule accessorie (cioè le
cellule T con le cellule dendritiche e le cellule B con le FDC, cellule dendritiche follicolari) e che le
popolazioni dei linfociti B e T vengano mantenute separate fino al momento in cui non sia necessaria la loro
interazione.
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Immunologia cellulare e molecolare 25. Tessuti linfoidi: milza
La milza è la principale sede in cui hanno inizio le risposte immunitarie nei confronti degli antigeni presenti
nel sangue. I linfociti vengono a trovarsi in questo organo in una regione detta polpa bianca, che presenta
un'architettura molto simile ai linfonodi in cui i linfociti T e B si trovano separati grazie sempre alla
segregazione di citochine diverse in regioni diverse. La polpa bianca è delimitata da una regione detta zona
marginale dove si trovano le cellule B e macrofagi specializzati. Comunque la funzione della polpa bianca è
quella di attivare le risposte nei confronti degli antigeni presenti nel sangue. Questi antigeni sono portati
dalle cellule dendritiche circolanti o catturati dai macrofagi. La milza costituisce anche un importante filtro
del sangue. Sparsi, infatti, si trovano molti eritrociti, macrofagi, cellule dendritiche, plasmacellule oltre a
una ridotta quantità di linfociti. Tutto questo costituisce la polpa rossa. I macrofagi di quest'area ripuliscono
il sangue dai microbi e dai globuli rossi danneggiati. Inoltre la milza è il luogo principale per la fagocitosi
dei microbi opsonizzati (ricoperti cioè da anticorpi).
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Immunologia cellulare e molecolare 26. Tessuti linfoidi: sistema immunitario cutaneo
La cute, che rappresenta un importante barriera tra l'organismo e l'ambiente esterno, contiene un sistema
immunitario specializzato e costituito da linfociti e APC. Le principali popolazioni cellulari presenti
all'interno dell'epidermide sono i cheratinociti, i melanociti, le cellule di Langerhans e i linfociti T
intraepiteliali. I cheratinociti producono numerose citochine che possono contribuire alle risposte innate e
all'infiammazione cutanea. Le cellule di Langerhans, invece, sono cellule dendritiche immature del sistema
immunitario cutaneo. Esse con i loro prolungamenti formano una rete continua che permette loro di
catturare gli antigeni che penetrano attraverso la cute. Quando vengono in contatto con i microbi, le cellule
di Langerhans sono attivate dalla stimolazione dei recettori Toll-like, perdono la loro adesività per
l'epidermide, entrano nei vasi linfatici, iniziano ad esprimere il recettore per le chemochine CCR7 e migrano
alle zone T dei linfonodi. Durante la loro migrazione al linfonodo, le cellule di Langerhans maturano
diventando APC efficienti. I linfociti intraepiteliali sono composti in massima parte da cellule T CD8+ che
esprimono il recettore .
Il derma, invece, che è costituito di tessuto connettivo, contiene linfociti T (sia CD4+ che CD8+) e alcuni
macrofagi disseminati.
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Immunologia cellulare e molecolare 27. Sistema immunitario associato alle mucose
Le superfici delle mucose del tratto gastrointestinale e respiratorio sono colonizzate da linfociti e APC che
promuovono le risposte immunitarie nei confronti degli antigeni ingeriti e inalati. Nella mucosa del tratto
gastrointestinale (la più conosciuta e studiata), i linfociti sono soprattutto presenti in tre sedi principali: nello
strato epiteliale, nella lamina propria e nelle placche del Peyer. La maggior parte dei linfociti dello strato
epiteliale sono cellule T CD8+ che esprimono il recettore . La lamina propria contiene molteplici
popolazioni cellulari, compresi i linfociti T, la maggior parte dei quali è rappresentato da CD4+ con fenotipo
di cellule attivate. Le placche del Peyer, che si trovano nell'intestino tenue, invece, contengono zone ricche
di linfociti B e piccole quantità di linfociti T CD4+.
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Immunologia cellulare e molecolare 28. Vie e meccanismi della ricircolazione e dell'homing linfocitario
I linfociti migrano in continuazione tra il torrente ematico, i vasi linfatici, i tessuti linfoidi secondari e i
tessuti non linfoidi periferici. Popolazioni di linfociti funzionalmente distinte si muovono tra questi luoghi
con vie di circolazione differenti. Per esempio, i linfociti naïve passano in continuazione dal sangue ai
linfonodi per poi ritornare in circolo attraverso i vasi linfatici, fino all'incontro dell'antigene specifico a
livello di un linfonodo. Questo modo di circolare dei linfociti naïve, chiamato ricircolazione linfocitaria, fa
si che i pochi linfociti naïve specifici per un particolare antigene pattuglino l'intero organismo alla ricerca di
quel dato antigene. I linfociti che hanno reagito con quest'ultimo e che si sono differenziati in cellule
effettrici a livello dei tessuti linfoidi secondari possono poi ritornare nel torrente ematico e così migrare nei
tessuti periferici (non linfoidi) sede dei processi flogistici e/o infettivi. Alcune sottopopolazioni di linfociti
effettori si localizzano preferenzialmente in alcuni tessuti, come la cute e l'intestino. Il processo che
permette la selettiva localizzazione di determinate popolazioni linfocitarie a livello dei linfonodi o di
specifici tessuti è chiamato homing (o accasamento) linfocitario. L'esistenza di diverse vie di homing
assicura che sottopopolazioni diverse di linfociti si localizzino nei microambienti tissutali dove è necessario
che venga attivata una risposta adattativa senza disperdersi in tessuti in cui il loro intervento non è richiesto.
L'homing linfocitario si basa, comunque, sulla presenza di molecole di adesione espresse dai linfociti spesso
chiamate recettori di homing e altre molecole di adesione, presenti sulle cellule endoteliali chiamate
addressine.
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Immunologia cellulare e molecolare